Diversi livelli di coinvolgimento della famiglia
Il Centro di Psicologia Mera Gorini offre la possibilità di percorsi di terapia familiare di impostazione sistemico-relazionale. Tali percorsi hanno caratteristiche specifiche e modalità proprie, alternative a quelle delle terapie individuali.
Ciò non significa che la nostra equipe clinica escluda il coinvolgimento dei familiari nei percorsi terapeutici individuali delle persone in trattamento. Al contrario si potrebbe dire, un po’ schematicamente, che sono possibili tre livelli di coinvolgimento dei familiari e che soltanto l’ultimo, il più avanzato, costituisca una vera e propria terapia della famiglia.
Del resto, è ormai prassi piuttosto comune tra gli psicoterapeuti, soprattutto per i pazienti più giovani e per quelli più gravi, includere i genitori nel trattamento.
Percorso di terapia con minorenni
Se il paziente è minorenne, il loro consenso formale è necessario per avviare il percorso, ma, anche ad un primo, più limitato, livello, si può andare oltre la semplice firma della modulistica e al di là degli scambi comunicativi relativi al saldo delle fatture. Si possono prevedere, ad esempio, sporadiche sedute di “feedback”, ovvero incontri tra lo/la psicoterapeuta e uno o entrambi i genitori della persona in trattamento, con lo scopo di fare il punto sui progressi e sulle difficoltà.
Aumentando il grado di coinvolgimento, si hanno invece quei percorsi nei quali i colloqui con i genitori vengono regolarizzati e si arricchiscono delle sfumature di un vero e proprio percorso parallelo di supporto psicologico. Alcune sofferenze, infatti, possono avere forti ricadute sulle persone più vicine all’individuo in difficoltà e la reazione di queste ultime diventa di primaria importanza. Una reazione positiva può essere un fattore protettivo formidabile, tanto quanto una reazione negativa rischia di avere, purtroppo, un’influenza aggravante.
I percorsi che prevedono questo livello di coinvolgimento della famiglia possono essere portati avanti da un unico professionista, ovvero da colui o colei che segue il paziente, oppure, di preferenza, da due terapeuti diversi.
Talvolta le figure possono essere perfino tre: ciascuna attiva appositamente per ogni membro di una triade ipotetica “madre-padre-figlio/a”. Di solito, i colloqui dei familiari assumono in questo caso una cadenza simile a quella di una vera e propria terapia, ma, come già menzionato, vengono impostati con un taglio più supportivo, ovvero mirando al sostegno emotivo e a dare consigli di comunicazione e di condotta, piuttosto che all’approfondimento degli irrisolti legati al passato personale.
Entrambe le modalità descritte hanno la loro ragion d’essere e la loro efficacia. In particolare, la seconda produce un livello di approfondimento dei punti di vista di ciascuno e una circolarità della comunicazione molto interessante. Tuttavia, nessuna di esse costituisce una vera e propria terapia familiare.
La terapia familiare non fa infatti distinzione tra un paziente con sintomi e i suoi genitori, pur conservando la specificità di ciascuno. Inoltre, la terapia familiare non limita il coinvolgimento ai genitori, ma può estendersi anche a fratelli e sorelle, ai nonni, agli zii e, in alcuni casi, anche ai figli dei pazienti adulti.
Perché una terapia familiare?
Per rispondere nel modo più sintetico a questa domanda, evidenziando il senso di una terapia familiare e mettendo in luce le sue caratteristiche, crediamo sia una buona idea quella di strutturare una sorta di specchietto di “Domande e Risposte”.
Esistono situazioni per cui la terapia familiare è specificamente indicata?
La terapia familiare nasce per il trattamento di problematiche complesse, quali l’anoressia o le crisi psicotiche, per le quali un approccio che considera l’intero sistema familiare ha avuto ottimi riscontri. Tuttavia, al giorno d’oggi, qualunque famiglia può entrare in terapia per risolvere problemi legati al proprio “ciclo di vita”, come separazioni, lutti, malattie e crisi legate a cambiamenti nella vita professionale o scolastica di qualcuno dei membri. Anche la dipendenza da sostanze e il ritiro sociale volontario (sindrome hikikomori) possono essere trattati da una prospettiva familiare, pur considerando che, nel caso del ritiro sociale, può non essere facile portare il ragazzo o la ragazza in studio per le sedute.
In generale, funziona meglio una terapia familiare o una terapia individuale?
Funzionano entrambe. Del resto, ripetiamo che proporre un certo livello di coinvolgimento ai familiari di un paziente è un’opzione che il nostro Centro tiene sempre in considerazione. La terapia familiare vera e propria, comunque, è forse più indicata per superare momenti critici legati a condizioni attuali di sofferenza, cioè qualcosa che nel qui-e-ora sta mettendo in difficoltà una famiglia, mentre l’approccio individuale può essere più adatto per chi vuole affrontare problematiche di infelicità esistenziale o confrontarsi con traumi infantili.
Se una famiglia entra in terapia, significa che i membri del nucleo riconoscono di aver tutti dei problemi psichici?
No. Tuttavia, una vera terapia familiare richiede a chi la intraprende una messa in discussione del concetto di “malattia mentale”. Si può provare ad immaginare un individuo che presenta un sintomo psicologico come una persona con gli stessi tratti fondamentali di chi lo circonda e di chi gli è vicino, combinati però in una forma particolare che rende difficile l’interazione con gli altri. Con una metafora: è vero che è impossibile bere da una bottiglietta d’acqua ghiacciata, ma l’acqua ghiacciata e l’acqua liquida restano pur sempre la stessa sostanza!
Quanto dura una terapia familiare? E quali sono i costi?
Una terapia familiare, tipicamente, propone sedute lunghe (fino a due ore), co-condotte da due terapeuti e dunque impegnative sia a livello di tempo, che di sforzo emotivo e psicologico, che, infine, in termini economici. Questo è controbilanciato dal fatto che raramente si fanno più di due colloqui al mese (spesso, se ne prevede uno ogni tre settimane) e che la durata complessiva di solito è inferiore ad un anno.
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