Amare significa stare sempre insieme?
Gli stereotipi sulla vita di coppia rischiano di trarci in inganno, confondendo l’amore adulto, maturo, con i flirt adolescenziali tutti rivestiti di miele appiccicoso e sbalzi d’umore.
Al contrario, la scienza dice che per poter funzionare bene, un rapporto di coppia deve includere anche un adeguato spazio per i singoli individui. È fondamentale che nella coppia ciascuno dei due si senta libero di prendersi del tempo per se stesso (amici, hobby, sport…) e si senta sostenuto dall’altro partner nel raggiungere obiettivi di crescita personale.
Così la coppia diventa come un “terzo” che trascende i due individui, aiutandoli ad affrontare la vita. E lo stare insieme sarà il frutto di una scelta, invece che del senso di vincolo: libertà di agire da soli, per scegliere (e ri-scegliere, quotidianamente) di stare col nostro partner, condividendo momenti di intimità e progetti di vita insieme.
Figura 1 Spazio di coppia: un terzo fra due soggettività
Come mai le cose, a volte, non funzionano così?
Brook Feeney è professore di psicologia sociale alla Carnegie Mellon University; nel corso della sua carriera di ricercatrice ha approfondito il modo in cui nelle coppie, i due partner agiscono come una “base sicura” l’uno per l’altro, e le motivazioni per farlo oppure non faro.
Le caratteristiche di una “base sicura”: tre regole d’oro
Affinché la vita coniugale funzioni da “base sicura” che sostiene il bisogno di esplorazione, cioè il tentativo di raggiungere obiettivi significativi e crescita personale, devono esserci tre condizioni:
1 ) DISPONIBILITA’:
Bisognafar sentire al proprio partner che si sarà sempre disponibili qualora lui/lei ne avesse bisogno, mostrandosi sensibili ai segnali di stress e accettando il suo bisogno di essere, in qualche misura, dipendente, quando necessario.
Esempio: Giulia sta valutando una nuova opportunità di lavoro che le permetterebbe di conseguire un importante salto di carriera. Ha fatto un colloquio di selezione e deve valutare se lasciare l’attuale impiego, stabile ma poco soddisfacente, per imbarcarsi in un nuovo progetto, più in linea con le sue aspirazioni ma anche più sfidante. In quei giorni è particolarmente nervosa e con la testa fra le nuvole. Suo marito Giovanni la rassicura ogni volta in cui lei esprime dei dubbi sulla propria capacità di farcela, e accetta con pazienza il fatto che, per qualche tempo, la moglie sia più ansiosa del solito.
2) NON – INTERFENZA:
Non si deve mai dare aiuto se non richiesto o davvero necessario. Bisogna, cioè, evitare di “sostituirsi” all’altro o interferire con suoi tentativi di cavarsela da solo. È importante che il partner possa trovare il suo modo di raggiungere l’obiettivo.
Esempio: Giovanni desidera perdere peso e mettersi in forma per ricominciare a praticare judo, un’attività che lo aveva appassionato da ragazzo ma che, negli ultimi anni, aveva abbandonato per dedicarsi a lavoro e famiglia. La moglie Giulia lo ascolta mentre lui esprime considerazioni su come potrebbe pianificare le giornate in modo da inserire la dieta e lo sport nei propri ritagli di tempo libero. Tuttavia, Giulia evita di impostare una dieta o degli esercizi da far fare al marito, anche se in cuor proprio pensa che potrebbe fare di meglio.
3) INCORAGGIAMENTO E ACCETTAZIONE:
Bisogna far sentire al proprio partner che accettiamo e apprezziamo davvero l’attività di cui si sta occupando.
Esempio: Giovanni vuole iscriversi a un corso di pittura. Se Giulia pensasse che si tratta di una perdita di tempo, di certo Giovanni lo capirebbe, e non si sentirebbe davvero supportato nel coltivare questo suo talento. E’ importante che Giulia mostri interesse per l’hobby del marito e sia esplicitamente favorevole.
Cosa spinge a dare il supporto o a non darlo?
Sempre Brook Feeney ha individuato le motivazioni che spingono le persone ad agire, o a non agire, come una “base sicura” per il proprio coniuge. Una cosa interessante è che, fra le motivazioni a fornire il supporto, vi sarebbero ragioni di tipo sia “altruistico” che “egoistico”.
- Motivazioni ALTRUISTICHE per fornire una base sicura: amare il coniuge, volere che sia felice e sentirsi gratificati nell’aiutarlo ad esserlo.
- Motivazioni EGOISTICHE per fornire una base sicura: Evitare conseguenze negative (es. una discussione), sentirsi in obbligo, aspettarsi una ricompensa.
- Motivazioni per NON FORNIRE una base sicura: Preoccupazione che il proprio coniuge sia troppo dipendente o che non sappia usare bene l’aiuto offerto; disapprovazione per i suoi obiettivi; preoccupazione di perdere il partner, vederlo andare lontano o cambiare; sensazione di perdere tempo o altre priorità.
Studi condotti con questionari e interviste rivelano che le motivazioni “altruistiche” sono più tipiche di quelle persone che hanno un senso di maggiore sicurezza interna. Viceversa, motivazioni “egoistiche” e motivazioni per non agire da base sicura, sono più tipiche di chi ha, a monte, delle ferite emotive che rendono più insicuro il rapporto di coppia.
Il bisogno di esplorazione
Partiamo da un presupposto: ogni essere umano fin dalla nascita ha un innato bisogno di esplorare, cioè di conoscere il mondo, di apprendere, di espandere capacità e talenti. Stuzzicare la curiosità è un’esperienza vitalizzante fondamentale. Tutti noi ne abbiamo bisogno, al pari del bisogno di affetto, di cibo e di riposo.
Gli etologi parlano di sistema motivazionale-comportamentale dell’esplorazione, per intendere tutto quell’insieme di bisogni, obiettivi, emozioni e comportamenti, che mettiamo in campo per soddisfare una forma molto specifica di gratificazione: quella che deriva dal senso di efficacia personale. La soddisfazione di avere messo alla prova se stessi nel perseguire un obiettivo e riuscire a realizzarlo.
Il bisogno di esplorazione è costante tanto per i più piccoli quanto per i più vecchi, e ricopre un ambito molto vasto di esperienze, dall’affinare i talenti in attività di hobby, al fare carriera, all’accrescere l’autostima e la consapevolezza di se stessi.
Stili di attaccamento
I bambini sviluppano al meglio il loro sistema esplorativo quando sentono di potersi muovere flessibilmente in una danza fra il bisogno di avvicinarsi al genitore per ricevere rassicurazione e coccole (funzione di “rifugio sicuro”), e il bisogno di partire verso l’esplorazione dell’ambiente circostante (funzione di “base sicura”). Solo quando entrambi questi bisogni, di vicinanza e di autonomia, vengono accolti, i bambini crescono a livello cognitivo, motorio e sociale.
Se uno o l’altro dei due poli viene mal interpretato dai genitori, in modo cronico, il rischio è che i bambini imparino a dover far finta di non avere quel tipo di bisogno… Da adulti potranno diventare persone evitanti, cioè che esasperano il bisogno di autonomia, negando di avere, anche, bisogno di affetto e amore, o persone ansioso-ambivalenti, che non credono a sufficienza nella propria capacità di cavarsela da soli, esasperando il bisogno di vicinanza fisica.
In gergo tecnico, si parla di “stile di attaccamento”, per intendere la strategia comportamentale più frequentemente utilizzata da una persona, in base ai modelli di sé e degli altri che ha interiorizzato. Lo stile “sicuro” è quello che permette il pieno riconoscimento di tutto l’ampia gamma di bisogni.
Nelle coppie adulte si verifica sempre uno specifico matching fra gli stili di attaccamento dei due partner. L’ideale sono, ovviamente, le coppie dove entrambi i membri hanno stili sicuro-sicuro. Però in moltissimi casi si creano delle coppie, anche molto durature nel tempo, basate su matching insicuri: ansioso-ansioso, evitante-evitante o, molto frequente (e sofferente), ansioso-evitante.
Stile di attaccamento e base sicura
Gli studi di B. Feeney indicano che sono le persone con stile di attaccamento insicuro, ansioso o evitante, a riportare più frequentemente motivazioni egoistiche o motivazioni per non agire da base sicura nella coppia.
Persone insicure-ansiose di solito danno il loro “benestare” all’autonomia del partner per evitare litigi, per farsi amare di più, o per evitare di impegnarsi in un obiettivo personale (tipico di chi crede poco nelle proprie capacità e si adegua allo stile di vita del partner, invece di sviluppare uno stile proprio). È facile che non agiscano da base sicura: o disapprovano l’attività del partner, o temono di vederlo allontanarsi e/o perderne l’amore (“se pensi ai fatti tuoi vuol dire che non mi ami / che io non sono abbastanza”).
Persone con stile evitante, dall’altra parte, di solito agiscono da base sicura per evitare seccature e tenere un po’ impegnato il partner, che percepiscono come “troppo” dipendente da loro. Di solito, non agiscono da base sicura perché semplicemente non si rendono conto del fatto che il loro supporto morale sia importante, o non credono nelle capacità del loro partner, o si sentono spazientiti all’idea di aiutarlo (“cos’altro devo fare per te???!!”).
Base sicura per… sanare vecchie ferite
Il discorso della base sicura riguarda anche la cicatrizzazione delle vecchie ferite emotive. In tal senso, si dice che la coppia possa agire come “ambiente terapeutico naturale” nel quale le esperienze infantili dolorose dei singoli partner possono venire bonificate, permettendo a ciascuno di superare eventuali nodi irrisolti e crescere psicologicamente.
Questo ovviamente vale anche per la psicoterapia. Uno dei fattori che incide sul drop out dalle psicoterapie è la disapprovazione da parte dei membri della famiglia, ad es. quando il coniuge pensa che le sedute dallo psicologo della moglie/marito siano solo una perdita di tempo.
Nella terapia di coppia, il discorso si moltiplica esponenzialmente. Quanta fiducia ha, ognuno dei due partner, di lasciare che l’altro si esprima liberamente e riesca a sanare le ferite emotive, o a crescere, “a modo proprio”?
I terapeuti dovrebbero aiutare i singoli partner a recuperare questa funzione vitale, sovente perduta, o mai sviluppata. Per farlo, molte volte si rende necessario un lavoro individuale volto a rilanciare il processo di espansione della soggettività. Altrimenti il rischio è di rimanere invischiati in dinamiche collusive basate su “usurpazioni di soggettività” vicendevoli, giochi di specchi, fra proiezioni di parti irrisolte di se stessi e richieste di risarcimenti impossibili, che tengono fermi, anziché espandere, i cammini personali dei due partner.
Bibliografia
Feeney, B. C. (2004). A secure base: Responsive support of goal strivings and exploration in adult intimate relationships. Journal of personality and social psychology, 87(5), 631.
Feeney, B. C., Collins, N. L., Van Vleet, M., & Tomlinson, J. M. (2013). Motivations for providing a secure base: Links with attachment orientation and secure base support behavior. Attachment & Human Development, 15(3), 261-280.
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